Salute: il
valore aggiunto dell’atteggiamento positivo e di una
comunicazione appropriata
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Salute: il
valore aggiunto dell’atteggiamento positivo e di una
comunicazione appropriata
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Bentrovate tutte e bentrovati tutti, amiche e amici, lettrici
e lettori! Ecco, nel 2022, per ribadire la propria sensibilità ai diritti
di tutt* anzi, di tuttu bisogna
tenere conto delle nuove forme linguistiche che nascono nel tentativo di
evitare qualsiasi discriminazione e con il desiderio di rispettare ogni
varietà di genere, includendo anche chi, legittimamente, rispetta una
percezione di sé che non rientra né nel genere femminile, né in quello
maschile (il caso della -u
finale). Insomma, il politically
correct avanza nella sensibilità di parte del mondo occidentale e
cerca di farsi spazio anche nella lingua, parlata e scritta. Oltre all'uso dell’asterisco
e della desinenza in -u
si afferma con sempre più forza l’idea di introdurre lo schwa - ə , non solo nello
scritto, ma anche nel parlato. Eviteremmo dunque il rischio di sembrare tutti
di origine sarda
grazie all’abbondanza di parole con vocale terminale in -u e potremo invece
dare l’idea
di essere stati colpiti da una generalizzata paralisi da botulino per le labbra, perché
lo schwa pare
vada pronunciato come una vocale che risulti sintesi delle altre 5, la cui
emissione corretta è favorita dalla totale inespressività
dei muscoli che muovono la bocca.
Questa è almeno l’idea che mi sono fatto prendendo
informazioni sullo schwa. Ma perché lo schwa?
Perché assumerebbe il valore del neutro,
ritenuto più inclusivo e paritario, che esisteva in latino ma non è rimasto
nell’italiano e andrebbe a sostituire il valore universale assunto nella
nostra lingua dal genere maschile. Confesso però, a questo punto un mio impasse: è senza dubbio
inevitabile che la lingua accompagni, preceda o segua i mutamenti
socio-culturali del popolo che la parla e sono anche profondamente convinto
che ogni discriminazione sia da condannare e da superare, la grande domanda
che però mi pongo è: Siamo
certi che la ridondanza della doppia declinazione al femminile e al maschile
o l'introduzione artificiale del genere neutro, imponendo la - ə,
basti o serva per superare l’attuale gap che registra nella nostra società
ancora una palese disparità di genere in molti campi? Penso che producano molti più cambiamenti culturali e sociali
un certo numero di
leggi che garantiscano fattivamente la parità di genere e l’inclusività
piena di ogni appartenenza benché statisticamente
minoritaria.
Non posso neanche nascondere un senso di disagio che provo
quando ascolto l’artificiosità ampollosa dei vari: tutte e tutti, le inglesi e gli
inglesi, le cittadine e i cittadini, le atlete e gli atleti, le
milanesi e i milanesi etc. Questo modo stucchevole di esprimersi,
ormai sta diventando più che altro un segno qualificante per alcune parti
politiche e più che ad una esigenza di chiarezza nella comunicazione, sembra
rispondere alla volontà o necessità di affermare una propria identità fondata su
un’apertura di vedute in termini di diritti sociali. In definitiva, un
lessico un po’ autoreferenziale e distintivo della propria appartenenza alla
categoria delle persone più al passo con i tempi. L’effetto deleterio di questa costruzione ridondante delle frasi è che
se ne possa poi diventare schiavi e chi dovesse omettere di usarla,
rischierebbe di non apparire tra coloro che Speriamo che queste
locuzioni cerimoniose siano come la moda, che a un certo punto
passa: un po’ come la parola petaloso
che è sparita dai radar o i pantaloni a zampa d’elefante. A quanto pare, comunque, l’Accademia della Crusca ha bocciato l’introduzione
dello schwa
e non posso non concordare con Cecilia Robustelli, ordinaria di Linguistica
italiana presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia che con la
Crusca collabora, quando afferma che “quando
si cambia qualcosa in una lingua ci si deve innanzitutto chiedere se quel
cambiamento funziona per assolvere allo scopo che un sistema linguistico deve
compiere, cioè la comunicazione”, esortando poi a “non affidare alla
grammatica il compito di comunicare nuovi generi”. Insomma, non
vogliatemene e, soprattutto, non dubitate della mia totale
apertura mentale, desiderio di piena inclusività e rispetto paritario per
ogni unicità esistente,
per dirla con Drusilla
Foer, ma continuerò
a usare la lingua italiana per come l’ho appresa. Lo farò perché mi piace di più, suona meglio, è più spontanea
dei vari “care e cari” che
sanno di impostato,
cerimonioso e
inamidato lontano un miglio.
Ringrazio tutte
le persone
(toh!?) che
hanno avuto la bontà di leggere fino alla fine, includendo proprio tutti, (scusate la
coerenza) ed evviva la lingua italiana, così complessa e affascinante, ricca
e vitale e che merita di rimanere libera da inutili forzature posticce. |