giovedì 10 giugno 2021


 Il valore del pensiero positivo e l’ostacolo delle credenze limitanti


Capita anche a me di leggere articoli sul pensiero positivo, spesso molto interessanti e a volte parziali: il tema è complesso e credo meriti un approfondimento.

In particolare non credo che in assoluto si possa considerare il “pensiero positivo” una panacea per tutto ma neanche un elemento privo di efficacia.
Più che di pensiero positivo parlerei di atteggiamento positivo, nei confronti della vita, di ciò che accade, nelle relazioni, nella percezione di se stessi, nel modo in cui si progetta la propria esistenza e si stabiliscono obiettivi, perché quello che conta è sempre la reazione a ciò che accade più che l’accadimento in sé e la qualità di questa reazione determina il modo di stare al mondo.

A volte le contrarietà possono diventare opportunità di crescita perché spingono a compiere alcune scelte che magari si stavano rimandando da tempo: ad esempio, una circostanza, anche dolorosa che determini la fine di una relazione che si trascinava stancamente da anni, in cui ciascuno stava male e non viveva più momenti di gioia; oppure un evento che costringa a cambiare lavoro scoprendo poi che proprio quel lavoro rendeva infelici perché non offriva la possibilità di esprimere tutto il potenziale, ma anzi costringeva alla condivisione di pratiche o finalità non in linea con i propri valori.

Per fare un altro esempio a tutti noto, la reazione incredibile di un personaggio come Alex Zanardi all’indomani dell’incidente in cui perse entrambe le gambe, evento che avrebbe legittimato un atteggiamento depressivo e rinunciatario ma che invece lui stesso ha commentato in seguito con queste parole: “Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa”.


 


Questo è il fulcro del pensiero positivo: dare valore a ciò che si ha e a ciò che si è e non a tutto ciò che vorremmo in più o di diverso, anche se ritengo lecito e opportuno tendere sempre al meglio, ma questa legittima aspirazione diventa solo nociva se vissuta con un senso di insoddisfazione e di carenza.

Una buona abitudine è quella di coltivare un atteggiamento costante di gratitudine che può anche essere rafforzato da una pratica quotidiana: alla fine di ogni giornata ripensare a tutto ciò di cui poter essere grati ed esprimere dentro di sé questo sentimento.
Un comportamento dunque lontano dall’abitudine alla lamentela, al piangersi addosso nella ricerca improduttiva di parole consolatorie e di pacche sulle spalle da parte degli altri, al contrario, un’attesa positiva di miglioramento, in cui vengano stabiliti chiari obiettivi in linea con i propri Valori, con il proprio Essere e lavorando per coltivare una sufficiente autostima in grado di fornire l’energia necessaria per conseguirli.


 
Una volta assunto questo atteggiamento di fondo, all’inciampo, all’imprevisto, all’ostacolo, non viene mai attribuita una forza paralizzante ma questi eventi vengono percepiti piuttosto come sfide, stimoli, occasioni per rivedere obiettivi e strategie, per pensare alle soluzioni con la certezza di poterle trovare, avendo anche l’umiltà di chiedere aiuto se in alcuni passaggi ce ne fosse bisogno.

Un aiuto che a volte può essere necessario per superare nodi di fondo senza il cui scioglimento sarebbe assai difficile promuovere l’atteggiamento positivo di cui abbiamo fin qui parlato. In questo ci si può orientare in vari territori, scegliendo quello che si avverta più consono: dal coaching alla psicoterapia, dalla meditazione al counselling e altro ancora.

Prendere la decisione di chiedere un aiuto dall’esterno è un atto d’amore verso se stessi.

Ad esempio potrebbe risultare un ostacolo obiettivo coltivare alcune credenze limitanti che spesso ci si trascina dietro da anni in modo più o meno consapevole senza riuscire mai a metterle in discussione. Finché non verranno depotenziate e sostituite con credenze potenzianti, gli obiettivi desiderati rimarranno lontani perché “Se una persona è realmente convinta di non poter fare qualcosa troverà una maniera inconscia per impedire che il cambiamento abbia luogo, troverà un modo di interpretare i risultati che si conformi alla convenzione esistente”. (Robert Dilts, Trainer PNL: “Convinzioni” – Astrolabio 1998).

In definitiva le credenze limitanti fanno tutte riferimento a un pensiero negativo: “non sono all’altezza”, “non ce la farò mai”, “sono sfortunato”, “non piacerò mai a nessuno”, “non mi merito la felicità” etc.
Se esistono sicuramente motivi per cui nel corso della vita tali convinzioni vengano assunte, se ne possono trovare tanti e tutti validi per decidere di scioglierle, chiedendo aiuto se necessario.

Intanto, coltivare un sentimento costante di gratitudine è certamente un buon inizio.